Aquile Iblee: le ragazze del rugby ragusano

Aquile Iblee: le ragazze del rugby ragusano

Non c’e’ due senza tre, recita un vecchio detto, e per non smentirlo, a Ragusa arrivano le Aquile Iblee, ad aggiungersi alle due compagini maschili Padua e Audax.

A parlare di loro è Genevieve Gurrieri, team manager, (ma anche mamma, amica, confidente e chi più ne ha più ne metta) della squadra. La sua è più una dichiarazione d’amore che una classica presentazione e, per questo, la lasciamo spaziare liberamente nel suo racconto.

Le Aquile nascono dalla voglia irrefrenabile della giocatrice più giovane del gruppo di cimentarsi in questo sport: Alessia Leggio. Una sera si presentò al campo, durante un allenamento del Padua, e parlò con Rossana Vindigni, la figlia del Presidente, convincendola a iniziare con la femminile. Quella stessa sera si misero d’accordo per il primo allenamento. L’ entusiasmo era tale che anche la società si sentì coinvolta e iniziò a identificare le figure essenziali per la squadra, un allenatore e un team manager. La scelta dell’allenatore cadde, inizialmente, su Peppe Burgio, che diede la propria disponibilità a seguire la squadra; disponibilità che,per diversi motivi, non potè essere confermata dopo il primo anno di attività: la società, quindi, puntò su Stefano Bellina, giocatore della squadra seniores. Senza timore di essere smentita, posso affermare che la scelta e’ stata azzeccatissima: il nostro coach ha subito guadagnato stima e rispetto da parte delle ragazze e ha creato un clima ideale per lo sviluppo della squadra,sotto tutti gli aspetti, sia tecnico che umano. Io ai tempi seguivo gli allenamenti, visto che mio figlio è molto amico Alessia: una sera fu proprio l’allenatore a lanciarmi la proposta di diventare Team manager. La cosa mi spaventava, perche non mi sentivo preparata a ricoprire il ruolo, essendo una semplice appassionata con poca conoscenza dei regolamenti, ma Stefano fu convincente e accettai….e iniziò l’avventura

Come siete passate da due giocatrici ad essere una squadra?

Nel modo piu’ vecchio del mondo, col passaparola. Le ragazze, già dal primo allenamento, iniziarono a parlare della squadra femminile a tutte le loro amiche e il risultato fu sorprendente. Nel giro di pochissimo tempo ci fu una grande affluenza. Purtroppo ci siamo scontrati subito con la ritrosia di molti genitori a mandare le figlie al campo a giocare a rugby, che a loro modo di vedere e’ uno sport “violento” e “da maschi”. Probabilmente, almeno per noi, questo e’ il freno piu grande che abbiamo: a causa di questo atteggiamento solo 9 ragazze sono rimaste ad allenarsi. Per fortuna, successivamente, se sono aggiunte altre 3 (una ragazza proveniente dall’Audax) e abbiamo avuto i numeri sufficienti per iscriverci al campionato.

I vostri obiettivi?

Il primo grande obiettivo è stato quello di riuscire a formare la squadra. E questo ha dato una ventata di novità a tutto l’ambiente: per tutti loro sono “le nostre bambine” e l’obiettivo è quello della loro crescita tecnica, ma anche umana e morale. Vogliamo insegnare loro a giocare, ma anche trasmettergli i valori di questo grande sport, perchè possano servirgli ad affrontare non solo le avversarie in campo, ma anche, e soprattutto, le difficoltà che la vita metterà loro di fronte. So che la loro grande motivazione e la loro voglia di crescere fa si che per loro l’obiettivo principale sia vincere il più presto possibile e quante più partite possibile, e stiamo lavorando molto bene anche in questo senso. Ma, ripeto, il nostro obiettivo è quello di insegnare loro come muoversi nella vita a testa alta. Il nostro coach ha fatto un gran lavoro, creando una identità di squadra: le ragazze non si limitano a condividere solo il rugby, ma sono un gran bel gruppo anche al di fuori. A livello tecnico stanno crescendo a vista d’occhio, e questo ci rende molto orgogliosi di loro.

Quali sono le difficoltà maggiori che state incontrando?

Il rugby, come ben sai, in Sicilia, ma un generale in Italia, soffre di alcuni mali strutturali, la mancanza di risorse economiche e la carenza di impianti, ma li affrontiamo con la forza che ha sempre contraddistinto la nostra società. Per me il problema più grande e’ far passare il messaggio ai genitori che nel rugby le loro figlie possono trovare una grande scuola di vita e un ambiente sano in cui vivere e crescere. Io mi sento come se fossi la mamma di 12 ragazze e , probabilmente a causa della mia infanzia non facile, so quanto poco basti per imboccare la strada sbagliata: poter offrire a queste ragazze un’alternativa al bere e fumare è una grande gioia, e per questo non riesco a capire la diffidenza di alcuni genitori verso il nostro sport. Sono certa, comunque, che raggiungeremo anche questo obiettivo.

Parlando di problematiche giornaliere ….sai quanto difficile sia allenare un gruppo di ragazze? – dice sorridendo. Devi essere bravo a farle sentire tutte egualmente considerate, se no sono guai, ma il nostro coach e’ bravissimo anche in questo. Io gli do una mano, facendo attenzione ad eventuali problemi e sviluppando un rapporto di grande con fidenza con le ragazze.

Credo che questa sia la via giusta per ottenere dei risultati positivi anche in campo.

Umberto Bonaccorsi-ph.Loretta Dalola