Roma 7s Hills, la prima squadra di rugby seven

Nasce con “Roma 7s Hills” la prima squadra ufficiale di rugby seven in tutto il panorama rugbistico nazionale. Per l’occasione, domani a Roma, alla presentazione dell’evento, oltre al responsabile seven della Federazione Italiana Rugby, Orazio Arancio, al commissario tecnico Andy Vilk, ci sarà anche il presidente del CONI, Giovanni Malagò e Chef Rubio supporter del progetto e fratello di Giulio Rubini, tra i fondatori del club Roma 7s Hills. Il rugby seven, infatti, è disciplina olimpica ma in Italia, questa variante del rugby, fatica tremendamente a diffondersi come ci spiega Giulio Rubini, atleta della Nazionale seven:

Abbiamo voluto realizzare questo progetto per diffondere la bellezza di questa disciplina in Italia, dove non è ancora molto conosciuta nonostante è sport Olimpico. Il mondo del Rugby a 7 cresce e abbiamo il dovere di provare a stare al passo con altre realtà e nazioni che al momento sono avanti a noi. Tra i nostri obiettivi, inoltre, c’è la volontà di aumentare il bacino da cui la Nazionale può attingere, dare la possibilità ai giocatori del rugby a 15, che per vari motivi non riescono a mettersi in mostra, di fare esperienze internazionali.

La vostra è anche una provocazione verso la scarsa attenzione da parte della Federazione per il seven?

Il nostro e’ un progetto privato ed indipendente, ma siamo in piena collaborazione con lo staff della nazionale, in primis con il ct Andy Vilk, per cercare di portare più giocatori possibili ad indossare la maglia azzurra. Con orgoglio possiamo dire che già’ ci siamo riusciti con tre ragazzi.

Noi della Gazzetta del Rugbista proponiamo, tornei seven paralleli ai campionati a 15, a livello prima provinciale, poi regionale ed una finale nazionale con le squadre campioni regionali. Sei d’accordo con la nostra proposta?

Il vostro progetto e’ molto simile al nostro. È molto difficile però, far capire ai club di rugby a 15 che il seven e il nostro progetto, non e’ una minaccia al loro lavoro. Anzi e’ un ottima integrazione ad esso. Nei paesi rugbisticamente più lungimiranti, hanno capito come il seven sia altamente propedeutico al rugby a 15.

Ritieni che con il seven si può aumentare la diffusione del rugby anche in regioni dove questo sport è poco praticato o fatica a emergere?

E’ molto importante iniziare dal rugby seven per far conoscere il nostro sport in quelle regioni in cui non viene praticato. Il rugby seven e’ più divertente, più breve come durata e ha bisogno di meno numeri. Un’ottima alternativa al rugby più classico.

I risultati non brillanti della Nazionale Seven sono lo specchio del movimento italiano per questa disciplina olimpica. Eppure ci sono nazioni che, faticano a 15, mentre a seven sono davvero temibili. Perché?

Questo è un punto fondamentale per me che facevo parte fino alla scorsa stagione di quella Nazionale che non otteneva risultati. Senza far alcuna polemica, posso dire che investire risorse e denaro in un progetto porta a grossi risultati. Nazioni come Germania, Belgio, Lituania, Georgia e Zimbabwe, per non citare le più blasonate, forse hanno capito prima di noi, che investire in questa disciplina porta grossissimi risultati. Molte di queste squadre con grandi sacrifici, hanno raggiunto quei risultati. Chapeau a loro.

Beach Rugby e Seven sono due realtà completamente diverse. L’elemento comune è il numero esiguo di giocatori per essere praticate. Credi che le due realtà possono trainarsi a vicenda?

Perché no! Sono entrambe discipline del rugby molto divertenti, ma non per questo meno impegnative. Personalmente seguo i “Crazy Crabs Beachrugby” e so quanti sacrifici si fanno per partecipare a tappe, per divertirsi e far divertire.